[Gogmagog è un gruppo di ricerca e sperimentazione teatrale nato nel 1998. Formato da un nucleo centrale di tre attori-autori (Cristina Abati, Carlo Salvador, Tommaso Taddei), accoglie spesso collaborazioni esterne per progetti specifici. Amanti del divenire, non abbiamo un metodo fisso per la progettazione e la realizzazione dei nostri lavori, ma variabile a seconda del progetto. Alcuni lavori vengono realizzati in modo orizzontale, altri prevedono la regia di un componente del gruppo, per altri ancora ci siamo avvalsi di una regia esterna. Anche dal punto di vista drammaturgico i nostri progetti vanno dalla scrittura originale, al lavoro sulla drammaturgia contemporanea, dalla scrittura poetica a quella di scena, arrivando ad affrontare negli ultimi anni autori come Pirandello e Molière.Dal 1999 al 2003 Gogmagog è compagnia residente al Teatro Studio di Scandicci con il quale ancora collabora curando dal 2006 il Festival ZoomTeatro con la compagnia Krypton. Gogmagog ha cooprodotto spettacoli con varie realtà nazionali e internazionali e collaborato con singoli artisti: Katzenmacher (Alfonso Santagata), The Playground, Bobo Rondelli, Simone Cristicchi, Graziano Staino, Luca scarlini, Egumteatro, Virginio Liberti, Fosca.Il gruppo partecipa con i suoi lavori a diversi festival italiani: Volterra Teatri, Inequilibrio, Primavera dei teatri, Festival di Radicandoli, Short Theatre, Festival 101 Bekett (Cagli), Le vie dei Festival (Roma).]
APPENA SOTTO LA SUPERFICIE TRANQUILLA DELLE COSE
Studio per lo spettacolo APPENA SOTTO LA SUPERFICIE TRANQUILLA DELLE COSE liberamente ispirato ai racconti di Raymond Carver.
In una delle sue ultime interviste Raymond Carver dichiara che “writing is an act of discovering”.
In Appena sotto la superficie tranquilla delle cose, l’universo e la parola carveriana sono calati in un impianto scenico essenziale che si basa su un’idea di radiodramma contemporaneo, che indaga e va alla scoperta di meccanismi scenici ridotti all’osso, al midollo, dove la scarnificazione non è sinonimo di semplicità, ma anzi mette in luce la moltiplicazione del linguaggio postmoderna, che fa della riproducibilità e della ripetizione una chiave di scoperta e accesso all’universo e all’immaginario di Carver.
La scelta di partire da un impianto prima di tutto radiofonico, nasce dal procedere sotto la crosta delle parole, dai sedimenti lasciati da ciò che si perde, per arrivare ad una frantumazione cristallina e cesellata del linguaggio, ed in alcuni casi anche della narrazione, per far emergere da un’architettura sonora tutto il non detto delle storie e dei personaggi di Carver, quel silenzio che cela molto spesso i loro tormenti, quella richiesta di star zitti.