GRAVE – corpi in caduta libera 

Creazione Site Specific

in scena il 5 Maggio 2012 – Festival Fabbrica Europa

Concept: Agata, Demetrio, Teodora Castellucci, Eugenio Resta – Con: Teodora e Agata Castellucci
Coreografia: Teodora Castellucci – Musiche originali: Demetrio Castellucci
Luci: Eugenio Resta – Realizzazione costumi: Chiara Bocchini, Carmen Castellucci, Daniela Fabbri
Disegno di locandina: Clio Casadei
Produzione: Dewey Dell – coproduzione: Centrale Fies, NEXT Festival, Eurometropolis Lille – Kortrijk – Tournai + Valencienne, Rencontres Chorégraphiques de Seine-Saint-Denis, Fondazione Fabbrica Europa

In collaborazione con: AMAT per Civitanova Danza
Dewey Dell fa parte del progetto Fies Factory – Si ringrazia: Clàudia Tatinge Nascimento e quelli del Buio

“Due figure appaiono una dopo l’altra emergendo dal buio come lievi bagliori dal fondo della scena. Sono arrampicatrici volate giù, corpi oltre il precipizio che abitano il vuoto per il tempo velocissimo della discesa verticale, e vengono avvistati nei singoli infiniti istanti che li separano dallo schianto. “Grave” è parola che gioca col peso e con il sottosuolo, richiama abissi senza fondo, impossibili da risalire. In questo breve studio Dewey Dell esplora la caduta come condizione di isolamento estremo nel tempo e nello spazio, come azione radicale e irreversibile di un corpo.

A partire da questa condizione Teodora Castellucci costruisce una partitura gestuale che moltiplica, fino a scardinarli, i punti di vista (e di caduta): i suoi capelli si tendono verso le altezze da cui provengono, quelli lunghissimi di Agata Castellucci sventolano verso il basso, mentre ogni movimento della danza nel vuoto sembra vibrare tra la resistenza dell’aria e l’attrazione del suolo.

Il suono di Demetrio Castellucci e lo spazio luminoso di Eugenio Resta lavorano alla creazione di un ambiente soggettivo in cui i corpi si immergono – o meglio, si gettano – come dentro la propria percezione. Un abbandono completo alle leggi della gravità: mentre si lasciano metri sotto metri, luci dai colori indefinibili tremano sui corpi come fosfeni; i suoni sono echi lontani e diventano memoria. Non è possibile incontrarsi mentre si è nello schianto”.

Alessandra Cava

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